INTERVISTA A GIACOMO LEOPARDI
Sotto
la finestra di casa mia vidi un gran letterato: Giacomo Leopardi .
Arrivava
barcollando per colpa del suo corpo scheletrico. Scesi le scale e lo
accompagnai in un bar, ambiente nuovo per lui. Ci salutammo e ci presentammo; qui iniziò la
mia intervista.
La
prima domanda che gli feci fu: ”Lei, quando e dove è nato?“
Lui con la sua voce sottile rispose: “Nacqui a
Recanati, il 29 giugno 1798.“
Continuai
chiedendogli: “Da chi?“
Lui
rispose: “Da Adelaide dei marchesi Antici
e dal conte Monaldo,“ e aggiunse, “poi ebbi altri 3 fratelli: Carla , Paolina e
Luigi.”
Dopo
aver chiesto un caffè continuammo la
nostra intervista.
“Scusi
signor Leopardi, le posso dare del tu?”,
così ripresi il nostro dialogo.
E
il grande poeta: ”Certamente signorina, così potremo parlare liberamente!”
“I
libri di letteratura dicono che avevi raccolto, con grande spesa, una
ricchissima biblioteca che nel 1812 hai persino reso pubblica ai tuoi
concittadini e nella quale, a soli 10 anni, cominciasti a studiare da solo
senza nessun precettore. E’ vero?”
Lui
con uno sguardo di stupore mi guardò, poi mi rispose così: ”Certo è tutto vero
e devo dire che ebbi l’appoggio dei miei familiari!”
Secondo
me stavo invadendo troppo la sua intimità, ma ormai l’avevo fatto e gli chiesi
ancora: “Chi fu la ragazza che conquistò il tuo cuore?”
Lui
diventò rosso come un pomodoro e dopo alcuni secondi di imbarazzo cominciò: “La
ragazza si chiama Silvia. Le dedicai anche una poesia. Se vuoi posso recitarne
una strofa. Ti va?”
Risposi
di sì e lui iniziò così:
“Silvia,
rimembri ancora
quel
tempo della tua vita mortale,
quando
beltà splendea
negli
occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e
tu, lieta e pensosa, il limitare
di
gioventù salivi?”
Appena
finì gli chiesi di continuare a recitare tutta la poesia e così fece, ma ora
non sto a raccontarvela tutta.
Il
tempo era finito.
Tutti
e due ci salutammo con una piccola lacrima sulla guancia.
Comunque
posso raccontarvi il suo aspetto. Già prima avevo detto che era molto magro,
aveva un viso pallido, quasi fosse un fantasma, i suoi capelli sembravano un
cespuglio. Portava addosso una camicia color smeraldo e i pantaloni erano dello
stesso colore. Ai piedi portava dei mocassini marroni.
Mi
dispiace di non avergli fatto più domande, ma il tempo a nostra disposizione
era terminato e non ci potevo fare niente.
Però
non vi ho detto una cosa, mi sono fatta autografare il giornale. Ecco
l’autografo con la dedica:
A
Maria Vittoria con affetto
da
Giacomo Leopardi
E
si conclude così l’intervista a Giacomo Leopardi.
Scritto
da Maria Vittoria La Gamba