RACCONTO
GIALLO
Alice Albamonte V B
Omicidio in villa
Era una notte buia e tempestosa e il signor Montenegro stava seduto in
poltrona davanti al camino. Ad un tratto un colpo di vento improvviso spense il
fuoco ed il signor Montenegro si ritrovò nel salotto della sua grande casa di
campagna, completamente al buio.
Allarmato si alzò dalla poltrona e andò
a controllare da dove provenisse quel soffio di vento che improvvisamente aveva
attraversato la sua casa.
Si incamminò attraverso il lungo
corridoio buio che porta alla grande cucina in cerca di una finestra spalancata
dal vento impetuoso che soffiava quella notte.
Giunto alla fine del corridoio sentì
alle sue spalle uno scricchiolio del pavimento in legno, ma non fece in tempo a
voltarsi perché venne colpito alla nuca da un pesante martello e cadde a terra
esanime.
Il giorno seguente la tempesta era
passata e splendeva un tiepido sole di primavera quando miss. Olga la
governante del signor Montenegro, di prima mattina, entrò nella grande villa
come faceva ogni giorno.
Una volta entrata in cucina Olga vide
due piedi sbucare da un angolino, si avvicinò timorosa e riconobbe il suo
principale. Il corpo era disteso in terra e immerso in un lago di sangue.
Olga presa dal panico corse al telefono
e chiamò la polizia. Era talmente agitata che quasi non riusciva a parlare e fu
molto difficile per il poliziotto che rispose al telefono capire cosa fosse
successo.
Passarono pochi minuti e arrivarono il
commissario Montalbano con il suo aiutante Mimì a bordo di una macchina della
polizia a sirene spiegate.
Dopo aver visto il cadavere e dopo aver
fatto un primo giro della casa i due poliziotti chiesero alla governante come
avesse trovato il cadavere.
Vollero sapere tante altre cose : se il
signor Montenegro viveva da solo, quali fossero le sue abitudini, se riceveva
visite, se in casa era stato rubato qualcosa, se il morto aveva parenti e in
che rapporti era con loro. Non la finivano più di fare domande e la povera Olga
che già era sconvolta per la morte del signor Montenegro, non vedeva l’ora che
la lasciassero in pace.
Alla fine del lungo interrogatorio, i
poliziotti vennero a sapere che il signor Montenegro aveva un fratello con cui
non andava d’accordo a causa di un litigio ormai vecchio in cui nessuno dei due
voleva chiedere scusa.
Il commissario Montalbano iniziò ad
avere sospetti sul fratello di Montenegro, che si chiamava Marco.
Purtroppo le analisi sul cadavere svolte
al laboratorio di medicina legale non dettero risposte utili per le indagini.
Il signor Montenegro era stato ucciso da un colpo di martello alla nuca ma non
furono trovate tracce utili a scoprire l’assassino.
Nei giorni successivi i due poliziotti
tornarono a casa del defunto e ispezionarono la posta arrivata al signor
Montenegro, con molta fortuna, trovarono una lettera spedita dal fratello
Marco; c’era scritto che se il signor Montenegro non pagava la cifra di 100
mila euro lo avrebbe denunciato. Poi dopo altre ricerche, Mimì trovo una lettera dallo stesso mittente
che era stata inviata il giorno prima della morte. C’era scritto che la cifra
da pagare era aumentata a 200 mila euro e che doveva essere pagata entro il
giorno dopo.
Alla fine delle lettere era indicato
l’indirizzo dove il morto avrebbe dovuto consegnare i soldi. Il commissario prese
l’auto e raggiunse l’indirizzo che non corrispondeva ad una casa ma ad una
fabbrica isolata dalla città e da tutto il resto.
Entrato vide subito che, su un tavolo da
lavoro ormai vecchio e inutilizzato da anni era posato un pesante martello
macchiato di sangue.
Le analisi scientifiche sul martello
rivelarono che il sangue essiccato corrispondeva a quello del signor Montenegro
e che, sul manico del martello erano presenti le impronte digitali del fratello
Marco.
A questo punto il fratello del signor
Montenegro fu ritenuto il principale indiziato dell’omicidio e il commissario
ed il suo vice lo andarono ad arrestare.
Marco Montenegro viveva in una povera
baracca, in condizioni ben più umili di quelle nelle quali viveva il ricco
fratello. Quando lo trovarono era in preda al dolore ed al rimorso per
l’uccisione del fratello.
Raccontò a loro una triste storia.
I due fratelli erano figli di un ricco
industriale, proprietario della fabbrica abbandonata, che, una volta era molto
famosa e produceva grande ricchezza per la loro famiglia.
Quando il padre era morto il signor
Montenegro si era impossessato dell’intera eredità, lasciando il fratello Marco
nella più assoluta povertà.
Il povero Marco si era rassegnato a
questa ingiustizia e aveva rinunciato a rivendicare la sua parte dell’eredità
perché era addolorato dal tradimento del fratello maggiore. Finché la piccola
figlia di Marco non si era gravemente ammalata. Per le cure della figlia Marco
era stato costretto a chiedere aiuto al fratello che, però, anche questa volta
si era dimostrato insensibile ed egoista.
Così, la notte dell’assassinio Marco si
era recato ancora una volta dal fratello e, in preda alla disperazione, lo
aveva ucciso.
Il commissario Montalbano ed il suo vice
Mimì, a malincuore arrestarono l’assassino, sperando che il giudice sarebbe
stato clemente con lui.